Paesaggi e prospettive del pianeta dopo la scomparsa del genere umano.
Visti da fuori.
“Non sappiamo bene come avvenne, ma i dati dimostrano che su questo pianeta preistorico prosperò una specie animale discretamente evoluta dal punto di vista socio-culturale che si estinse in un tempo incredibilmente breve.
Diversi studi comparativi hanno permesso di decifrare i linguaggi innumerevoli usati da questa specie; gli individui, infatti, che fissavano le loro comunicazioni in segni scritti e in supporti audio-visivi (questi esseri, infatti comunicavano soprattutto con emissioni sonore, primitivo metodo di comunicazione che sorprende ancora di più se si studia l'apparato simbolico generato da questo animale).
La specie in questione si autodefiniva Homo Sapiens o, con una terminologia più consueta, uomo, essere umano.
Basta ispezionare la fitta coltre di vegetazione che ricopre l'intero pianeta e constaterete che permangono sotto pochi metri di terreno i resti manufatti di questa antica popolazione. Animale bipede, implume, privo di scaglie o pelliccia, pare abbia incontrato il successo evolutivo grazie all'elaborazione di una cultura molto vivace e mutevole.
La sua presenza fisica di poco conto, infatti, non gli avrebbe consentito di dominare sugli altri esseri viventi del pianeta, alcuni invero molto aggressivi e dotati di notevole forza fisica.
L'umanologia è solo ai suoi albori, è probabile che scopriremo ancora molto di questo curioso animale. Perché è scomparso? Da dove veniva?”.
Questo potrebbe essere un ipotetico resoconto di una civiltà aliena approdata sul nostro mondo dopo la nostra recente estinzione.
Attenti studiosi di archeologia e scienze naturali di altri mondi, ai nostri alieni non sarebbe sfuggita la peculiarità della nostra specie: la cultura.
È stata la cultura, infatti, ad imprimere al nostro destino un'accelerazione incredibilmente veloce, è stata la rielaborazione del vissuto dell'esperienza in un complesso sistema di credenze, nonché in tutto l'insieme delle conoscenze acquisite (puramente teoriche o pratiche). Ma non è stata la cultura ad impedire l'estinzione del genere umano nel quadro ipotetico che andiamo a delineare. Spieghiamoci meglio.
Specie tra le altre.
Le
conoscenze attuali sulla storia della vita sulla Terra ci hanno
permesso di farci un'idea, se non certamente completa e definitiva,
verosimile e per certi aspetti accurata del passato remoto degli esseri
viventi e del percorso che ha portato alla situazione attuale. La vita
sulla Terra è comparsa circa 3,5 miliardi di anni fa. Le prime forme di
vita furono cellule di tipo batterico nelle quali faticheremo molto a
riconoscere i nostri antenati. Ecco, dunque, che come spesso si ripete,
alla luce di questa nuova e più verosimile Storia, l'essere umano ha
perduto la sua centralità nel Cosmo.
Chiediamoci, dunque, se ogni
privilegio divino ed ogni finalità preordinata della nostra esistenza
viene meno, cosa rimane a preservare il genere umano dal destino che ha
toccato tantissime specie? Le evidenze fossili continuano a riportare
alla luce resti di esseri viventi che non esistono più. Molti di questi
organismi (vegetali e animali che fossero) dominarono il pianeta, o
comunque prosperarono, per un tempo incredibilmente più lungo di quello
attualmente trascorso dalla comparsa dei primi ominidi. Siamo noi
migliori di loro?
Estinzione, un fatto naturale.
Quando
si parla di estinzione, l'immaginario collettivo è catturato dalla
figura dei terribili dinosauri. I più antichi fossili di questi esseri
viventi risalgono a 230 milioni di anni fa e arrivano fino a 64 milioni
di anni fa circa.
Questi esseri dunque (che pur non costituirono entità
omogenee) popolarono il pianeta per ben oltre 170 milioni di anni. È una
quantità di tempo difficilmente concepibile se rapportata
all'esperienza umana. Una sorta di soglia psicologica ostacola la
rappresentazione mentale di tempi e spazi immensamente più vasti
rispetto alla nostra esistenza.
Il dibattito sulle cause che portarono
all'estinzione di questi esseri viventi è ancora aperto. Tra le più note
teorie vi è quella che indica la collisione di un asteroide o di una
cometa la causa dell'estinzione dei dinosauri.
A seguito dell'impatto di una massa abbastanza grande, l'atmosfera sarebbe rimasta opacizzata per mesi a causa della massa di polveri disperse.
L'arresto della fotosintesi clorofilliana e il conseguente arresto della catena alimentare avrebbe determinato estinzioni di massa, non solo dei dinosauri.
A seguito dell'impatto di una massa abbastanza grande, l'atmosfera sarebbe rimasta opacizzata per mesi a causa della massa di polveri disperse.
L'arresto della fotosintesi clorofilliana e il conseguente arresto della catena alimentare avrebbe determinato estinzioni di massa, non solo dei dinosauri.
Altre teorie chiamano in causa attività vulcaniche che
avrebbero causato fenomeni atmosferici simili a quelli connessi con
l'impatto di un asteroide o di una cometa. Una terza teoria vede in
un'altra serie di eventi geologici la causa dell'estinzione di massa di
quel periodo. Movimenti geologici avrebbero portato ad una imponente
regressione marina: l'abbassamento avrebbe lasciato in secca gran parte
dello zoccolo continentale prima coperto dagli oceani e la scomparsa di
molti animali marini, insieme ad un drastico cambiamento climatico,
avrebbe innescato la catena di eventi che ha portato ad altre
estinzioni. È da notare, comunque, che tali teorie si basano su prove e
dati geologici; non si tratta di pure speculazioni, anche se tali
evidenze non dimostrano con certezza diretta le teorie espresse.
La
terza delle teorie sopra illustrate suggerisce un dato interessante:
fattori del tutto ordinari della storia del pianeta potrebbero portare a
cambiamenti drastici e a estinzioni di massa degli attuali organismi
viventi. Se anche si mettessero da parte scenari catastrofisti di un
futuro di inquinamento irreversibile o peggio di guerre nucleari, quanto
sarebbe scongiurata l'ipotesi della nostra scomparsa?
Anche la “difesa”
tecnologica presentataci dal cinema contro i pericoli provenienti dal
cosmo (comete e asteroidi), o un ritrovato senso civico e una nuova
consapevolezza ambientalista che risanerà l'ambiente naturale, ci
mettono al riparo dall'estinzione? Certo, possiamo interagire e agire
attivamente, anzi in modo determinante, sul nostro destino. Ma questo,
ancora una volta, non ci esclude da una storia naturale alla quale
continuiamo ad appartenere.
Morale dell'estinzione.
Un
destino umano rivisitato alla luce del procedere “naturale” degli
eventi, certo non riduce l'angoscia che è facile provare nel discutere
della scomparsa di se stessi e della propria specie.
Tuttavia, gli stessi meccanismi indifferenti e “matrigni” della natura (per lo meno nei riguardi di una sola forma di vita), spogliano l'esito di una nostra probabile storia futura di ogni terribile giudizio morale o di valore.
Tuttavia, gli stessi meccanismi indifferenti e “matrigni” della natura (per lo meno nei riguardi di una sola forma di vita), spogliano l'esito di una nostra probabile storia futura di ogni terribile giudizio morale o di valore.
Ci saremo fra 100 milioni di anni?
Non ci saremo più?
Alla Terra non
importerà molto e alla restante parte dell'Universo ancora meno.
Sarà
un bene o sarà un male?
La domanda toccherà – subito dopo la nostra
scomparsa – concetti come bene e male che non avranno più cittadinanza
nella Terra senza di noi.
Non si tratta certo di una sorta di
rassegnazione.
Inquadrare il destino umano nel corso naturale degli
eventi aiuterà l'uomo a comprendere meglio se stesso.
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SILENT
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